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La "disinformazione" sulle acque scaricate dalla centrale di Fukushima in 12 punti

I comunicati del governo giapponese rassicurano la popolazione sulla sicurezza delle acque che vengono sversate nell`oceano a partire dal 26 di agosto. Come saprete, tonnellate di acqua vengono utilizzate per raffreddare i reattori della centrale di Fukushima e, in seguito, vengono incanalate in cisterne presenti nei dintorni della centrale.
L`ex giornalista dell`Asahi shinbun, Ugaya Hiromichi, che si occupa del priblema di Fukushima da più di 10 anni, denuncia in 12 punti i problemi e le inesattezze relativi a questa decisione.

① Il passaggio da una questione "interna" a un caso internazionale

Come primo punto, Ugaya sottolinea che se finora il problema della centrale nucleare di Fukushima era rimasto "confinato" entro il territorio giapponese, lo scarico nell`oceano lo rende automaticamente un problema a livello internazionale.
Il Giappone sta effettuando queste opere di sversamenti nelle proprie acque territoriali ma, ovviamente, non puo` controllare il loro corso evitando che violino questi confini sfociando nel mare aperto che, stando al diritto internazionale, non appartiene al territorio di alcuno stato sovrano rappresentando un patrimonio comune. Un patrimonio che rischia di subire pesanti conseguenze per la decisione di un solo paese.
Come sottolinea il giornalista, dal momento che queste acque finiscono inevitabilmente per sfociare nell`oceano aperto, tutti gli altri paesi hanno il diritto di dire la loro o intervenire in merito alla questione. Detto in altre parole, si offre a una serie di paesi che hanno un rapporto "complesso" col Giappone o, per esempio delle trattative in corso, l`occasione per trarne dei vantaggi e non era neanche difficile da prevedere.
E infatti la Cina, a torto o a ragione, è stato il primo paese ad entrare in scena. Assieme ad Hong Kong ha bloccato le importazioni di pesce dal Giappone. Se si pensa che questi due paesi assieme acquistavano il 42% del totale delle esportazioni ittiche del sollevante, risulta facile immaginare il pesantissimo impatto economico per i lavoratori del settore.
Il governo Kishida ha la piena responsabilità di quella che Ugaya definisce una pessima mossa. Anzi, letteralmente, "la peggior decisione presa dal governo giapponese dal dopoguerra ad oggi".

② Non c`era altra scelta…
La versione del governo per cui lo sversamento nell`oceano era l`unica opzione per smaltire le acque della centrale è falsa e può essere facilmente smentita.
Anche su Il Fatto Quotidiano Mario Agostinelli e Alfiero Grandi accennano in un interessante articolo recentemente pubblicato online a "possibili altre scelte" ma, vuoi per motivi di spazio o per motivi di impostazione del discorso, si astengono dal fare esempi concreti.
Ritornando al discorso di Ugaya, esistono almeno altri due metodi già utilizzati in passato e maggiormente sicuri rispetto allo sversamento.
●EVAPORAZIONE: Questo processo era stato utilizzato negli Stati Uniti per la centrale nucleare di Three Mile Island. Vennero fatte evaoprare le acque contaminate da radiazioni per "isolare" la parte radioattiva poi riunita in un`unica cisterna per permetterne lo stoccaggio permanente. Queste scorie sono attualmente conservate in una zona desertica dell`Idaho.
Di sicuro la quantità di acqua nel caso di Fukushima risulta nettamente superiore ma hanno anche avuto 12 anni per far evaporare l`evaporabile.
●CEMENTAZIONE: Processo attraverso il quale i rifiuti radioattivi vengono inglobati in una matrice di cemento. Per fare un esempio concreto, nel caso del calcestruzzo, acqua e cemento vengono mescolati assieme fino alla solidificazione. Allo stesso modo, in questo processo le acque trattate vengono mischiate assieme a cemento e ad altri elementi consentendo uno stoccaggio permamente ed evitando quindi di esercitare un impatto negativo sull`ambiente.

Ugaya sottolinea che a dieci chilometri dalla centrale di Fukushima esiste da anni un impianto di solidificazione rifiuti radioattivi che si occupa della cementazione e, tra le tante cose, ha annesso una strutttura che organizza anche delle visite guidate aperte al pubblico per spiegare il funzionamento di tale processo. La struttura si chiama "Reprun Fukushima" e il sito web risulta consultabile anche in lingua inglese. In pratica, si trovano ad avere un centro in grado portare avanti il processo di cementazione a due passi dalla centrale.

Sede della Reprun



Inoltre, il 31 gennaio 2020 venne svolto un incontro tra esperti voluto dal ministero dell`economia e dell`industria per decidere come smaltire le acque contaminate. Il processo di evaporazione venne scartato in quanto, sul territorio giapponese, non esistevano precedenti di questo tipo di stoccaggio.
Il processo di cementazione, per volontà del ministero, non venne nemmeno presentato tra le possibili opzioni venendo, di fatto, scartato.
In questa maniera si è arrivati al "non c`era altra scelta".

③Nelle acque trattate è presente soltanto il trizio?
Stando ai documenti disponibili sul sito della TEPCO, che illustrano la concentrazione residua di elementi radioattivi nei pressi dell`area da cui vengono emesse le acque trattate, troviamo anche elementi come il cesio, lo iodio, lo stronzio e altri ancora. Nonostante questo, i giornali non ne fanno menzione come denuncia Ugaya. Questa "presa di posizione" comincia nel 2016 quando il ministero dell`economia e dell`industria pubblico` un documento in cui veniva dichiarato che, dopo il trattamento, nelle acque della centrale venne rilevato solamente il trizio. E ancora, sempre il ministero, pubblica un altro documento nel maggio 2018 in cui afferma che lo sversamento in mare del trizio viene effettuato dalle centrali nucleari di tutto il mondo.
Semplificando questo discorso:
1 Nelle acque trattate rimane soltanto il tritio (prima bugia)
2 Tutte le centrali nucleari del mondo sversano nel mare questo tipo di acque (seconda bugia). A tutto questo si aggiunge addiritura una terza "news" (Yomiuri shinbun 23 giugno 2023) per avallare l`operato del governo giapponese socondo cui la Cina sversa il quintuplo dello stesso tipo di acque trattate (terza bugia)

④Le centrali nucleari di tutto il mondo sversano in mare le acque trattate nello stesso modo del Giappone?

In una centrale nucleare che non ha subito incidenti e funziona a pieno regime, il corso dell`acqua utilizzata per la fissione NON fuoriesce nell`ambiente esterno.
Per spiegare il tutto in maniera esaustiva, l'acqua, circolando tra le barre di combustibile si scalda fino a diventare vapore. Questo vapore acqueo fornirà energia per azionare una turbina connessa a un generatore di elettricità. Il vapore in seguito, passato nuovamente allo stato liquido, ritornerà nel recipiente con le barre dove avviene la fissione creando, dunque, una sorta di loop. Mi ripeto per sottolineare questo concetto: tale processo processo avviene in uno spazio a tenuta stagna. Quindi, l`acqua entrata in contatto col combustibile nucleare non viene poi sversata nell`ambiente. Tuttavia, risulta necessario creare un secondo "circuito" chiamato condensatore (o scambiatore di calore) che consente al vapore di tornare allo stato liquido. In questo circuito viene fatta passare acqua marina (o anche fluviale) e vi viene trasferito senza un contatto "fisico" il calore del vapore acqueo proveniente dal primo circuito. Essendo ovviamente questo calore ad alte temperature, l`acqua in uscita risulta di 6-7 gradi superiore a quella in entrata. E qui entra in gioco il "cavillo" a cui si fa riferimento la TEPCO per avvalorare la sua versione.
Essendo il condensatore a distanza ravvicinata dall`area dove avviene la scissione, esso viene "colpito" da neutroni cambiando una minima parte di quell`acqua in trizio.

Con Fukushima la situazione è dunque diversa. Questo perché nel fondo del reattore si trovano le barre fuse miste ad altri detriti di cui ancora oggi non si conosce bene la comoposizione (essendo ancora oggi un`area inavvicinabile). L`acqua, a contatto diretto con materiali fortemente radioattivi, seppur trattata attraverso il sistema ALPS, rappresenta il primo caso al mondo di acque a contatto diretto con materiale radioattivo sversate direttamente nell`oceano col beneplacito del governo. E, come visto sopra, anche stando ai documenti redatti dalla TEPCO, oltre al trizio sono state riscontrate diverse altre sostanze.
Il giornalista free-lance Ugaya presso Tomioka (prefettura di Fukushima) in un museo dedicato al disastro di Fukushima trova un pannello espicativo dove si legge che assieme al trizio vengono rilasciati anche Cesio o Stronzio. Sorpreso dai contenuti di quel pannello chiese ad uno degli addetti della TEPCO presenti nella struttura se quanto scritto corrispodesse a verità. Gli venne risposto che non c`erano errori.
A questo punto il giornalista chiese se non c`erano problemi relativi alla sicurezza di tale operazione e la risposta fu che il tutto rientrava entro i livelli stabiliti dal governo. Con questa risposta passiamo direttamente al prossimo punto…

⑤ I parametri stabiliti dal governo giapponese: due pesi e due misure?

Il governo giapponese dichiara che se un essere umano è in grado di bere quell`acqua, non ci sono problemi.
Tuttavia, il suddetto parametro glissa il problema reale del rilascio delle acque trattate nell`oceano. Ovvero, queste acque rischiano di recare un danno ambientale o meno? Risolvere la questione sostenendo che un essere umano puo berla senza conseguenze è perlomeno fuorviante e Ugaya ritiene che si tratti di due questioni completamente diverse.
Per riasumere, la linea del governo, se non ci sono problemi sul corpo umano, scaricare la stessa sostanza nell`oceano non puo` avere conseguenze per l`ambiente.
Per spiegare meglio perché questo concetto non stia in piedi il giornalista utilizza l`esempio dell`anidride carbonica. Respirare ossigeno ed emettere anidride carbonica (CO2), non comporta rischi per il nostro corpo o per l`ambiente circostante. Tuttavia, sempre l`anidride carbonica, se dispersa nell`atmosfera a tonnellate, risulta la causa principale degli attuali cambiamenti climatici (l`impatto dunque a livello ambientale) di cui stiamo subendo sempre piu spesso le ripercussioni. Ugaya fa anche notare che il 23 agosto, il governo Kishida ha stanziato 1.200 miliardi di yen da destinare alle politiche di decarbonizzazione dimostrandosi sensibile al problema ambientale ma, con Fukushima, si muove in direzione diametralmente opposta.

⑥ In merito alla decisione sul rilascio delle acque dalla centrale di Fukushima non ci si è chiesti quale potrebbe essere l`impatto sull`ambiente in tempi medio-lunghi

Il giornalista Ugaya denuncia che per questa decisione non siano state eseguite simulazioni o altri studi per verificare quale impatto potrebbe avere sull`ambiente, per esempio, tra 300 anni.
E cita, ancora, il fenomeno della bioconcentrazione. Per bioconcentrazione si intende l`accumulo degli inquinanti in concetrazioni elevate nel caso di pesce, carne o anche uova. Provate a pensare alla catena alimentare. Il plancton può ingerire sostanze come il Cesio e in seguito essere a sua volta ingerito da altri organismi.
A proposito, dopo l`incidente di Fukushima nel 2011, sono state ritrovate sulle coste canadesi tracce di cesio radiattivo secondo uno studio di John N. Smith e colleghi del Bedford Institute of Oceanography, Fisheries and Oceans a Dartmouth in Canada.
Ritornando al discorso del bioaccumulo, esso porta ad avere elevate concentrazioni e quindi elevate esposizioni nei livelli più alti della catena alimentare, giungendo ad esporre a rischio maggiore il vertice, costituito tipicamente dall'uomo.
Quindi, essendo la prima volta nella storia dell`uomo che sversa nell`oceano di proposito acqua a diretto contatto con del combustibile nucleare le conseguenze sono ovviamente inedite e il governo giapponese non si e` nemmeno preso la briga di fare delle simulazioni risolvendo il tutto col discorso che l`uomo puo bersene un bicchiere senza problemi.

⑦ Lo sversamento nel mare delle acque trattate della centrale viola il "principio di precauzione"

A seguito della Conferenza sull`ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992, a cui parteciparono più di centottanta delegazioni governative da tutto il mondo, venne ratificata la Dichiarazione di Rio, una serie di principi non impegnativi riguardanti le responsabilità ed i diritti degli Stati, per cercare di mettere insieme le esigenze dello sviluppo con quelle della salvaguardia ambientale.
«Al fine di proteggere l'ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale»

Il testo parla esplicitamente solo della protezione dell'ambiente, ma con il tempo e nella pratica il campo di applicazione si è allargato alla politica di tutela dei consumatori, della salute umana, animale e vegetale.

Ugaya fa notare come questo principio venga messo in atto nel sopracitato stanziamento dei fondi sulla decarbonizzazione da parte del governo giapponese ma "tradito" ,sempre dallo stesso governo, nel caso di Fukushima. Il giornalista non risparmia le sue critiche anche ai partiti di opposizione che si dimostrano incapaci di farne una questione politica chiedendo al governo di fare luce su queste palesi contraddizioni.

⑧ Con lo sversamento in mare, verranno svuotate tutte le cisterne contenenti le acque "trattate"?

Anche su questo punto Ugaya precisa che "solo" il 33% verra` svuotato. Il restante 67% (circa i due terzi) non soddisfa ancora nemmeno i criteri (sui quali restano molti dubbi) stabiliti dal governo.

⑨ Non c`era piu spazio per accumulare ulteriormente le acque contaminate?

Ugaya ci tiene a precisare che la mancanza di spazio si riferisce esclusivamente al perimetro interno alla centrale di Fukushima (una superficie di circa 3,5 chilometri quadrati). Il giornalista, che da anni si reca nell`area di Fukushima per raccogliere dati e testimonianze di persone che ancora oggi vivono nella zona, spiega che attorno alla centrale esiste un`area, destinata allo stoccaggio temporaneo (30 anni) di materiale radioattivo, di ben 16 chilometri quadrati. 4300 persone che abitavano all`interno di questa superficie sono state evacuate e non potranno ritornarvi a vivere per almeno 30 anni. All`interno vi sono sì 11 aree per lo stoccaggio di terre contaminate ma non occupano l`intero territorio che anzi è ancora pieno di spazi utilizzabili. Se si fosse sfruttata quest`area si sarebbe potuto in primis rinviare lo sversamento e portare avanti, nel frattempo, un dibattito sull`opportunità del rilascio delle acque in mare e degli eventuali altri processi per lo smaltimento.


Cartina che mostra la superficie dell`area attorno alla centrale


Ugaya, infatti, scrisse al ministero dell`economia sul perché non ricorressero alle vaste aree ancora inutilizzate per ampliare lo stoccaggio delle acque contaminate. La risposta fu che quella zona era di pertinenza del ministero dell`ambiente e che quindi non avevano voce in merito. Potrà anche esserci un problema su chi ha la facoltà di decidere in merito ma si tratta di due ministeri del medesimo governo. Basterebbe chiederne l`autorizzazione.
Ugaya menziona poi un documento ufficiale redatto dal ministero dell`economia in cui l`opzione di utilizzare le aree inabitabili per 30 anni per lo stoccaggio risulterebbe "difficile". Ma il termine difficile implica che non sarebbe impossibile, cosa che rende difficilmente comprensibile il motivo per cui il ministero si rifiuta di utilizzare nuove aree per lo stoccaggio delle cisterne.

⑩ Il premier Kishida dichiara che lo sversamento rappresenta un processo indispensabile per la "rinascita" del territorio

Il giornalista, in disaccordo con tale affermazione, sottolinea come l`effetto del rilascio delle acque nell`oceano sia esclusivamente quello di svuotare una parte delle cisterne contenenti le acque trattate. I 628 chilometri quadrati coinvolti dal problema delle radioazioni rimangono tali e quali e non basta a far tornare le popolazioni ai propri domicili che avevano dovuto abbandonare anni fa. Li definisce infatti due problemi completamente diversi.

⑪ Kishida afferma anche che lo sversamento risulta assolutamente indispensabile per lo smantellamento dei reattori.

Anche qui Ugaya parla di un`affermazione falsa in quanto finché non si riesce ad estrarre i resti delle barre di combustibile risulta impossibile parlare di smantellamento. La domanda è sversando in mare le acque della centrale il materiale fuso all`interno delle fornaci subirebbe dei cambiamenti? E, ovviamente non serve nemmeno ad anticipare i lavori per l`estrazione del materiale fusosi all`interno del reattore. Due operazioni, in pratica, che non andrebbero mischiate assieme.

⑫ Il governo giapponese sostiene che lo scarico delle acque trattate in mare sia indispensabile per arrestare i danni d`immagine subiti dall`area di Fukushima

Anche qui Ugaya parla di vera e propria disinformazione. Al contrario, sono questo tipo di operazioni ad avere un effetto deleterio (vedasi il caso della Cina).
Il giornalista, per verificare se veramente Fukushima stia soffrendo a livello nazionale di un danno di immagine, a 10 anni dalla catastrofe ha condotto un`intervista con la sede dell`associazione delle coperative agricole nazionali di Fukushima. A Fukushima vengono prodotti riso, verdure e carne bovina. Ugaya chiese ai responsabili se i consumatori si astenessero dal comprare prodotti provenienti dalla prefettura in quanto spaventati dalla possibile presenza di radioazioni a livelli sopra la norma. La risposta fu che ormai questo tipo di problema era stato superato anche se nei primi tre anni dalla catastrofe si era registrato un calo delle vendite.
C'è stato comunque un aumento di prezzo dovuto al fatto che
manca la manodopera e quindi la quantità di riso coltivato è stata ridimensionata. E se manca la manodopera non è un problema di immagine ma del fatto che le aree colpite direttamente dall`incidente hanno portato ad una riduzione del numero di abitanti e delle zone coltivabili. Lo stesso vale per gli altri prodotti. Quindi, conclude, se in futuro dovesse verificarsi un fenomeno per cui la gente dovesse preferire non acquistare prodotti provenienti da Fukushima, ad innescare questo problema sarebbe proprio lo sversamento nell`oceano a cui il governo non riesce proprio a rinunciare.

Ugaya chiude infine questo discorso ricordando che gli effetti di queste decisioni potremmo riscontrarli nell`ambiente tra decenni o forse secoli. Ad ogni modo, il giornalista voleva creare un documento da lasciare ai posteri per testimoniare le sue tesi contrarie a questa decisione.

Approfitto anche per ringraziarlo personalmente per avermi concesso la possibilità di divulgare il suo lavoro su questo blog (oltretutto, anche lui possiede una pagina su questa stessa piattaforma) e metto anche un link ad un filmato che lui stesso ha divulgato in lingua inglese.


Crediti:
a cura di Ugaya Hiromichi
Traduzione, adattamento e consultazione di altri documenti:
a cura di Enrico Masi

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